Vi è una teoria secondo la quale, nella misura in cui il mining di Bitcoin possa consumare un necessario quanto altrimenti non commerciabile sottoprodotto della produzione di energia, come ad esempio gas naturale inutilizzato, è implicata una riduzione del consumo netto di energia.
Dato un nuovo mercato del sottoprodotto in questione, non avvantaggiarsi del suo ipotetico prezzo più basso rappresenta un costo opportunità per ciascun miner. La competizione per il sottoprodotto incrementa il suo prezzo al livello per il quale il vantaggio netto, alla fine, viene eliminato. Temporaneamente, questo rappresenta un'opportunità di profitto nel mining.
Paradossalmente, ogni riduzione di costo porta ad un consumo proporzionalmente più grande. La riduzione di costo nel mining deve portare ad un incremento di questa attività così da riportare il suo costo al livello della ricompensa. Così il sottoprodotto "consumato" in precedenza come un rifiuto porta ad incrementare l'hash rate del mining fino al punto in cui lo stesso costo è consumato nell'attività di mining. Il consumo netto di energia nel mining è in realtà aumentato dal prezzo più basso.
Tuttavia, monetizzando una risorsa di scarto, l'offerta complessiva di energia a mercato è incrementata senza che venga aumentato il suo costo di produzione. E la domanda per l'offerta di energia altrimenti a mercato utilizzata nel mining viene diminuita. Questo implica una riduzione del prezzo di mercato dell'energia.
Una corrispondente espansione della produzione può generalmente derivare da un ridotto prezzo dell'energia. Questa stabilità di prezzo è una caratteristica generale di ogni prodotto. Per questa ragione, non è possibile assumere una riduzione del consumo complessivo di energia come conseguenza dell'utilizzo di un sottoprodotto nel mining, e ciò invalida la teoria. Tuttavia, una maggiore produzione allo stesso costo o la stessa produzione a costo più basso implicano un incremento complessivo della ricchezza.
Titolo originale: Byproduct Mining Fallacy